segunda-feira, 19 de janeiro de 2009

Multilateralismo, G-20 ed altri fenomeni dell’era globale


Il termine “multilateralismo” si è legato a quello di globalizzazione in un mondo caratterizzato da cambiamenti continui. La Cina, con l'India, il Brasile e altri paesi emergenti rappresentano gli Stati dove notiamo con più evidenza questo fenomeno. Così che gli Stati Uniti hanno perso il ruolo di unica superpotenza mondiale.
Si sopprimono i dazi, si firmano i trattati per liberare il commercio e si mondializzano gli scambi e le spese. Il capitale non ha patria, o quasi, perché i governi occidentali intervengono affinché le imprese straniere non controllino settori strategici come l'energia. Possiamo ricordare la telenovela Endesa con la tedesca Eon quando il governo spagnolo cessò l'operazione malgrado le denuncie d’intromissione di Angela Merkel e di Bruxeles. Le borse dipendono le une dalle altre; così se Wall Street crolla del dieci per cento, l'Ibex scende a sua volta. E se sale, di conseguenza anche l’altra borsa sale.
Altro fattore collegato è quello delle dislocazioni delle imprese, soprattutto nel settore dell'automobilismo (più di 3.100 impieghi perduti per questa causa in Spagna), sebbene riguardi tutta l'economia questo fenomeno.

Molti impresari emigrano verso paesi dove vi si trovano suoli e manodopera a buon mercato, leggi deboli in materia ambientale, miglioramenti fiscali e governi avidi d’investimenti. L’Europa dell’Est (adesso meno, con gli ampliamenti e la rendita pro capita che si avvicina a quella del resto dell'UE) e, su tutti, la Cina, sono i paradisi dove spedizioni d’impresari vanno in cerca del loro El Dorado. Tutti vogliono essere “amici” della Cina (caratterizzata da un mercato di 1.400 milioni di consumatori, manodopera a buon mercato e una crescita del nove per cento annuale) malgrado gli attentati che commette contro i diritti umani e la mancanza di libertà d’espressione (per esempio Google accetta la censura lì). L’ Europa riceve a braccia aperte il dittatore Gadaffi ed i suoi barili di petrolio.
All'altro lato della bilancia stanno i presidenti populisti latinoamericani del gruppo di Chávez (Evo e Ortega principalmente; poi Lula, facente parte di un’altra lega, che declinò ammontando suo malgrado le grandi speranze di Hugo), che coniugano il verbo nazionalizzare in forma permanente, in industrie o banche con capitale straniero, per accontentare i suoi compatrioti più accesi.
Nella riunione del G-20 si è verificata la crisi globale nel menù. Gordon Brown ha lanciato un'idea interessante. Vuole che il FMI esercita di BCM, quello che dà l’idea dell'interdipendenza economica che esiste. Il problema è che se è stato complicato al G-7 mettersi d’accordo, adesso potrebbe risultare troppo faticoso far mettere d’accordo due decine di voci. Qui ci troviamo in una situazione curiosa. Da un lato c’è l'interesse dei governi a collaborare nell'era globale per uscire dalla crisi, e dall’altro si rischia di cadere in una guerra doganale se tutti gli stati cominciano a proteggere devotamente la propria economia. Qualcosa di strano, giacché la definizione propria di globalizzazione dichiara la caduta dei dazi ed altre misure protezioniste.

Sì è determinato che l'economia svolge un ruolo fondamentale, poiché siamo immersi nel corso di un cambiamento delle economie nazionali ad un'economia in tutto il mondo. Ma inoltre ci sono altri settori chiave. È possibile fare il riferimento a quel “quarto potere” che già aveva annunciato Edmund Burke alcuni secoli fa. L’informazione sposta le finanze, la coscienza politica dei cittadini, le azioni ed i fenomeni culturali in un panorama in cui i mezzi di trasporto (con fissaggi e anche virtualmente) hanno avvertito degli avanzamenti incredibili. Ed è in questo mondo di dati che viviamo.

Nenhum comentário: